Intervento di Daniele Sirotti


Liceo Classico e Linguistico L. A. Muratori – San Carlo di Modena

LA NOTTE NAZIONALE DEL LICEO CLASSICO – IV EDIZIONE 12/01/2018

LA NOTTE DEI TITANI

INTERVENTO DI APERTURA

“Avere una grande passione non basta”

di Daniele Sirotti

www.danielesirotti.com 

 

 

Buonasera,

è un grande onore per me essere qui, di fronte a voi tutti questa sera, circa 24 anni dopo essermi diplomato al Liceo Classico San Carlo: perché all’epoca erano due realtà distinte il Liceo Classico San Carlo e il Liceo Classico L. A. Muratori, mentre oggi, invece, sappiamo tutti che si tratta una stupenda, unica realtà, riunita nel Liceo Classico e Linguistico L. A. Muratori - San Carlo: una realtà grande, ben coordinata e interdisciplinare che dà ulteriore prestigio alla nostra città.

     La vostra Notte dei Licei di quest’anno ha come tema “i Titani”: andando a cercare la definizione troviamo che i titani sono “le forze primordiali del cosmo, che imperversavano sul mondo prima dell’intervento regolatore degli Dei Olimpici”.

Nel linguaggio quotidiano l’aggettivo “titanico” lo usiamo spesso, per indicare qualcosa di particolarmente grande, di estremamente impegnativo; qualcosa di una grandezza e di una forza travolgente e prorompente e che in alcune occasioni può metterci in difficoltà.

Io, oggi, in quanto ex liceale e attore, sono qui per parlarvi di qualcosa di titanico, per parlarvi di passione.

Ognuno di noi ha dentro di sé una passione, e la passione dentro di noi è un vero titano!

Questa nostra passione è titanica, è gigantesca, è travolgente, ha una forza titanica: è un imperativo categorico titanico, a cui non ci si può sottrarre e richiede, per essere perseguito, energia, attenzione e dedizione titaniche.

A questo riguardo vi voglio esternare tre brevissime riflessioni.

     Avrò avuto otto anni circa, ero in terza elementare e stavo attraversando un periodo durante il quale giocavo ai cowboy.

Io giocavo molto dentro casa, perché in quel periodo della vita ero molto cagionevole di salute: mi ammalavo spessissimo. Ero così cagionevole che addirittura la mia maestra delle elementari, quando mi assegnava un incarico particolare, come leggere una poesia in una occasione particolare, in una qualche ricorrenza (ad esempio una volta venne a scuola la squadra del Modena Calcio e io dovevo leggere “Goal” di Umberto Saba), faceva preparare delle riserve: incaricava dei miei compagni di prepararsi nel caso io mi fossi nuovamente ammalato.  

Essendo molto cagionevole passavo molto tempo dentro casa e giocavo tantissimo: mi capitava che per un certo periodo mi venisse la voglia, la passione appunto, per un certo tipo di gioco, che magari durava una settimana o dieci giorni (se ci pensate sarà capitato anche a voi) e in quel periodo io giocavo ai cowboy indossando un costume di carnevale da cowboy, anche se non era carnevale: pantaloni, camicia a quadri, gilet, cappello etc etc e una sera ero nella mia stanza, con mia madre, e mi stavo togliendo il mio costume per indossare il pigiama e andare a letto. Molto diligentemente avevo riposto il costume da cowboy sulla spalliera del letto, dove mettevo normalmente gli abiti che avrei indossato la mattina seguente. A questo punto mia madre prende il mio costume da cowboy e si appresta a riporlo in ordine tra i giocattoli: io la fermo con decisione e le dico di lasciarli lì. Lei mi spiega che li riponeva tra i giocattoli e che me li avrebbe ridati quando, il giorno seguente, mi sarebbe tornata voglia di giocare ai cowboy.

Io invece glieli feci rimettere sulla spalliera del letto, dicendole che il giorno dopo li avrei indossati fin dal mattino e per tutto il giorno “perché un cowboy, non è un cowboy solo per qualche ora, è un cowboy per tutto il giorno“.

A poco a poco poi capii che la mia passione era giocare in maniera serissima al “facciamo finta che“: in maniera così seria da farla diventare una professione.

Arrivare a questo punto, al punto di dedicarle la vita, di farne un mestiere, significava che la mia passione era grande, era travolgente, era titanica.

Avere una così grande, titanica passione, da una parte è stata una fortuna, perché avevo ben chiaro che cosa volevo fare nella vita; ma dall’altra però, proprio come dice il titolo del mio intervento, avere una grande passione, una titanica passione, non basta. Avere una titanica passione significa anche subire una titanica condanna: è una condanna perché avere una passione così forte significa che per tutta la vita, non sarai mai felice se non quando potrai, riuscirai ad ottenere quel tipo di risultato, quello che appaga la tua passione.

Infatti io nella vita mi sono sentito felice solo quando ho potuto, sono riuscito a fare, a diventare, ad essere un attore.

     In genere avere una grande passione, una passione titanica, ha come conseguenza una grande energia nel cercare di perseguirla, e spesso si possiede anche una certa dose di talento nel fare quella determinata cosa, qualsiasi essa sia. Quel pizzico di talento, di abilità che si possiede ci consente di raccogliere i nostri primi consensi, i nostri primi “ma che bravo!“: ci permette di ottenere i nostri primi incoraggiamenti, piccole soddisfazioni che ci danno la forza di perseverare.

Ma qui dobbiamo stare molto attenti, perché siamo di fronte ad una trappola del destino: il talento è una trappola del destino.

Avere una grande passione, appunto, non basta. Una passione titanica necessita di una umiltà altrettanto titanica: nel mettersi a studiare, a perfezionarsi in qualsiasi ambito ci si voglia cimentare. Invece di accontentarsi e crogiolarsi nei primi facili consensi, di quello che ci riesce spontaneamente, magari già anche ad un buon livello, è necessario vestirsi di titanica umiltà e studiare, imparare, perfezionare, altrimenti rimarremo sempre e solo dei dilettanti. Anche perché, in qualsiasi ambito, anche la competizione è titanica.

     L’ultima riflessione che vi propongo riguarda la paura. Ognuno di noi deve avere paura della propria titanica, prorompente passione: perché solo temendola nella giusta misura, riusciamo a rispettarla e ad affrontarla con il coraggio necessario. Perseverare nella propria passione titanica necessita di un coraggio titanico, il quale si manifesta solo ed esclusivamente come reazione alla paura. E non credete a chi dice “io sono coraggioso, io non ho paura di niente“: no, non è vero, è una bugia titanica, non si può provare coraggio senza provare paura, in quanto il coraggio è una reazione alla paura. E avere paura della nostra titanica passione è giusto, è normale, facciamo bene ad averne paura, a temerla, perché temendola riusciamo a rispettarla, a darle il suo valore e a non sottovalutarla. Una passione titanica può fare molta paura, e richiede un coraggio titanico.

Non avete idea di quante volte io abbia desiderato non averla, non avere addosso questa passione, questa roba che mi costringeva e mi costringe ad ostinarmi nel voler fare l’attore, e quante volte ho maledetto la mia titanica passione, perché non mi ha mai permesso di essere felice in un altro modo, magari più semplice. Io già all’età vostra volevo fare l’attore, sentivo che sarei stato felice solo se avessi fatto quello e solo quello, e i miei professori, alcuni dei quali sono qui questa sera, lo sanno: loro mi chiedevano cosa volevo fare da grande e io glielo dicevo, andando contro ad ogni pronostico, che volevo e dovevo fare l’attore.

Ricordo che la professoressa di educazione fisica delle ragazze, la professoressa Gabriella Pavarotti (sorelle del tenore) mi disse: “Sirotti, ma come puoi pensare di fare l’attore se parli in quel modo, con la ‘erre moscia’. Se continui a parlare così su un palco non ci salirai mai.” All’epoca, fino appunto all’età di 15 anni, avevo la ’erre moscia’: seguii il consiglio della mia professoressa, andai a Milano da una logopedista che mi aveva indicato, la quale mi diede una serie di esercizi e nel giro di alcuni mesi corressi il mio eloquio. E’ tutta questione di volontà, solo volontà, titanica volontà.

    La passione è titanica, è una condanna titanica, che necessita di umiltà titanica e contemporaneamente di paura, coraggio e rispetto titanici.

E tuttora continuo a perseverare, nello sforzo titanico, nell’umiltà titanica e nella paura titanica, perché proprio quando ti rilassi e ti compiaci, è proprio quello il momento in cui si sgretola il tuo piccolo castello.

Ringrazio la preside Giovanna Morini, il mio ex professore Stefano Palazzi e la professoressa Rita Ferrari che per primi hanno pensato a me per aprire questa splendida serata, il Patrocinio del Comune di Modena, i Musei Civici e il Mibact.

 

Vi voglio salutare con un messaggio titanico dalla mia passione titanica: interpretazione di “SE” di Rudyard Kipling.

 

 

 

 

 

Modena, 12/01/2018         Daniele Sirotti

www.danielesirotti.com

 

 

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